Il cadenzato incedere dell’istante muto

Silenzio, vicino.
In lontananza, campane.

Non le senti? Campane.
Non le odi? Campane.

Rintocchi perfetti,
ogni secondo.

Din
Don
Din
Don

Sono tonde, vibranti campane.
Suonano già per te. Il tempo è giunto.

Risuonano dentro al vento,
dentro al vento arrivano.

Rintocchi, passi,
silenzio. Campane.

*****

Così oggi muoio
come un’emozione che non ha più significato
come un verbo sfrondato
del suo oggetto essenziale
(“amo”)
senza sapere
nè il chi, nè il come, nè il quando
o il perchè.

La mia è una solenne
dipartita semplice:
un tonfo sordo sul pavimento lucido
tirato a nuovo dalla donna delle pulizie,
preparato ad arte
per la solenne occasione.

Di me rimarrà un corpo
pesante 70 chili, da spostare
con cura dalla doppia fila.
E magari persino qualche cosa di altro
che adesso purtroppo
non riesco proprio a ricordare.

*****

In questa notte dove tutto è solo
e solo muore
io penso a noi, al nostro essere stati
ai nostri giorni di vento che scompigliava i capelli
al pettinarci su in casa
coi nostri gesti leggeri.
Perchè anche oggi che è solo
e solo anche muore
un poco solo, da solo, ci rimango anche io:
e a pettinarmi nessuno, in quello specchio riflesso
soltanto un’ombra, irrequieta
che mi ricorda di te.

*****

Noi non sarò io:
è tardi, ormai.
Tutto quello che è stato
si è fatto offuscato ricordo:
impressione di istanti passati.
Non è curva, la ragione:
è un proiettile che esplode diretto
verso un punto. Indietro non torna.
Nel suo bersaglio muore.

Tu sei il bersaglio:
uccidi.
Il tempo fermo è il tiratore.
L’esplosione fa un tonfo nell’aria -
nell’aria percorre la scia. Si conficca nel mezzo.
Ecco, è passato. Ne rimane soltanto l’odore.

Sa di bruciato, come un fumo denso dentro
all’aria del mattino. Si è dissolto,
domani.

*****

Questa terra ti reclama
urla straziata il tuo nome
a gran voce implora il tuo corpo,
che nudo ritorni nel suo
abbraccio antico.
Polvere eri e polvere
tornerai ad essere ancora
di sabbia e fuoco gelido,
cadere nel profondo viscerale
di dubbio e dolore;
è questo il destino,
questo l’incerto futuro.
Questa terra ti reclama
per vivere – lei
e tu: per morire.
Nell’eterno ritorno di giorni
soffocato già di fango
è l’urlo che in gola trattieni;
si spegne nel giorno la luce,
e la mano è ricoperta dal vento
di tempeste fra i deserti aridi,
come aridi rancori.

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